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venerdì 2 dicembre 2011

Barolo, il Re dei vini, il vino dei Re

Pare che i “cugini” della Borgogna l'abbiano presa male. E che a Bordeaux siano quasi offesi. Robert Parker, il più ascoltato guru del vino che ha decretato il successo e la disgrazia di chissà quante cantine al mondo, ha scelto il Barolo per fare quello che non aveva mai fatto prima: una degustazione pubblica a New York, invitando un selezionatissimo gruppo di quindici produttori di Langa a presentare la nuova annata 2007 di fronte ai più importanti collezionisti di Stati Uniti, Canada e Inghilterra. (Tratto da La Stampa 2/4/2011)
Il Barolo è riconosciuto in tutto il mondo come vino di gran classe, da momenti importanti nella tavola delle grandi occasioni, per le pause di meditazione. Di lui si conosce bene la storia, che parte dai carteggi settecenteschi dei mercanti inglesi, passando per gli artefici della sua affermazione – la marchesa Giulia Colbert Falletti, l'enologo Oudart, il conte Camillo Benso di Cavour – in un crescendo di successi nelle principali manifestazioni enologiche mondiali. Il re dei vini diventa il vino dei Re. Ma la sua è anche la storia del popolo del vino, quello dei viticoltori e dei commercianti, dei vinificatori e degli osti che hanno scritto, forse con caratteri più piccoli ma certo non meno importanti, il suo destino.
Da quest'anno, in occasione delle festività natalizie (e non solo), grazie alla collaborazione con la bottega del Barolo di La Morra, abbiamo la possibilità di offrirvi una vasta gamma di grandi produttori di Barolo.
I nostri produttori:
Mario Marengo: La Morra, bottiglie prodotte 24000
Barolo 2007 (3500 bottiglie prodotte), nessuna chiarifica o filtrazione, barolo affinato in barrique nuove per un terzo, interpretazione esemplare della tipologia base.
Rocche Costamagna: La Morra, bottiglie prodotte 95000.
Barolo Rocche dell'Annunziata (bottiglie prodotte 25000). Ha una grande concentrazione di profumi , è floreale e speziato con note minerali, ha impatto gustativo pieno e avvolgente, ottima persistenza gustativa e finale etereo e setoso.
Renato Ratti: La Morra, bottiglie prodotte 250000.
Barolo Marcenasco (bottiglie prodotte 50000). Un ritorno in grande stile per questo vino. Un'etichetta che rende onore alla denominazione, regalandoci un Barolo dal giusto rapporto tra la qulalità ed il prezzo, che offre note territoriali ricche di carattere.
Franco Conterno: Monforte d'Alba. Bottiglie prodotte 110000.
Barolo Vigna Bussia Munie (bottiglie prodotte 13000). Affinato in botti grandi, dal tannino intenso e dalla notevole profondità gustativa. 
Viberti: La Morra, bottiglie prodotte 30000.
Barolo Serralunga 2007 (bottiglie prodotte 3000). Affinato in barrique in piccola parte nuove e si presenta moderno e dolce al naso, con tannini non aggressivi e discreto succo al palato. 
Cavallotto: Castiglione Faletto, bottiglie prodotte 110000.
Barolo Bricco Boschis (19900 bottiglie prodotte). Figlio di un'annata più calda, è avvolgente, floreale e maturo al naso; sul palato ha un frutto polposo, non privo di freschezza.
Flavio Roddolo: Monforte d'Alba, bottiglie prodotte 20000.
Barolo Ravera 2005 (3000 bottiglie prodotte). Un vino già aperto e profumato al naso, con ampi riflessi di china e di spezie e dalla grande bevibilità. 
Boglietti: La Morra, bottiglie prodotte 100000.
Barolo Airone (3000 bottiglie prodotte). Ha la struttura e la forza tannica proprie di Serralunga, unite a grande freschezza e a una dolcezza irresistibile.
Oddero: La Morra, bottiglie prodotte 120000.
Barolo Vigna Rionda 2000/2004 (2000 bottiglie prodotte). Grande esempio di quanto possa dare questo magnifico cru di Serralunga. 
Elio Grasso: Monforte d'Alba, bottiglie prodotte 85000.
Barolo Ginestra Casa Matè 2007 (14000 bottiglie prodotte). Eccellente, un vino completo, fine, succoso e di lunga persistenza. 
Giuseppe Mascarello e Figlio: Monchiero, bottiglie prodotte 60000.
Barolo Monprivato 2006 (22000 bottiglie prodotte). La classe di questo Barolo esce al meglio in questa annata classica, davvero un grande vino. Elegante, sfaccettato, sottile nei profumi floreali, minerali e di foglie secche, ha un palato slanciato, succoso, di grande energia e sapidità. 
Commenti tratti dalla guida “Slow Wine 2012” - Slow Food Editore

lunedì 28 novembre 2011

Servizio consegna ed aperture straordinarie


Anche quest'anno abbiamo attivato un efficiente servizio di consegna grazie al  partner Mail Boxes Etc. Sarà sufficiente scegliere il vostro regalo presso il nostro negozio, fornire l'indirizzo di recapito ed il vostro pacco sarà consegnato in città o nel resto d'Italia entro 24/72 ore.
Inoltre per agevolarvi negli acquisti natalizi rimarremo aperti tutte le domeniche e l'8 dicembre.

domenica 13 novembre 2011

Dolcetto Bricco Mollea

Tratto da "Gli amici del bar"

dolcetto_langheMonregalesi_con_nostalgia2010_vicoforte

Bricco Mollea di Angioletta De Giorgis, Dolcetto delle Langhe Monregalesi doc, “XIII° vendemmia. Con nostalgia”, 2010.



Un “piccolo” dolcetto pedemontano di Vicoforte (CN) vicino a Mondovì (CN).
Dove la pianura che da Torino scende a sud, scortata dalle Alpi e dalle colline del Monferrato e poi di Langa, verso il mare, si increspa e si solleva nel disperato tentativo di non finire a mollo nel Mediterraneo.
Alpi Liguri e non colline di Langa.
Piccolo perché ha le caratteristiche dei dolcetti di montagna.
E il dolcetto in montagna se la cava egregiamente arrivando a maturazione prima che scenda la neve.
E come tale non inarca un corpo possente con colori cupi, tannini ruvidi e alcool in sovrabbondanza.
Il frutto è più delicato e acidulo, il passo è agile da scalatore attento a non caricarsi di pesi superflui.


I profumi sono più minerali, di macchia, di sottobosco e di humus.
La bocca è fresca quasi acidulata come certi lamponi o le piccole prugne gialle che crescono lungo i bordi delle strade sterrate di montagna.
Sgrassante e bevibile.
Vini da riscoprire e da adottare per la loro esuberante normalità.
Da polenta e formaggi.
Piccolo perché è una produzione confidenziale.
Il produttore ormai in pensione ha dedicato molto al bellissimo B&B di chiara impronta contemporanea e il vigneto è piccolo, anche lui.
Piccolo per il prezzo di sette euro e cinquanta in enoteca.
Piccolo, anzi ormai unico perché dal 2011 dovrà chiamarsi Dogliani Docg.
E sia il territorio sia il vino con il Dogliani mi pare abbiano poco da spartire.
Forse solo la cultivar.
Per questo il produttore ha messo in etichetta “con nostalgia”.
Bonne degustation


Luigi


Campione omaggiato dallo “scopritore” Rosario Levatino e con lui degustato nel retro della sua enoteca i “Sapori d’Italia”.


domenica 6 novembre 2011

Giandujotto di Torino



Marchio Giandujotto di Torino
Gianujotto di Torino
Il celebre Giandujotto è un cioccolatino a forma di spicchio o barchetta rovesciata, ottenuto impastando cacao, zucchero e le famose nocciole tonde gentili del Piemonte, rinomate per la loro qualità fine e gustosa.

Torino divenne la capitale italiana del cioccolato durante i grandi flussi migratori delle comunità di religione protestante succedutisi tra Sette e Ottocento. Le famiglie valdesi di ritorno dal loro esilio in Francia e in Svizzera portarono spesso con sé i segreti dell'arte dolciaria d'Oltralpe e la patente di cioccolatieri. L'industria del cioccolato nacque proprio dalle esperienze di questi pionieri, che introdussero e perfezionarono nuove tecniche di lavorazione e moderni macchinari.

Il cioccolato Gianduja nacque per caso all'inizio dell'Ottocento, come espediente fortuito dei cioccolatieri torinesi per sopperire alle loro difficoltà nel rifornirsi di cacao, a causa del blocco continentale imposto da Napoleone. Essi iniziarono ad aggiungere in misura variabile nocciole tostate all'impasto di cacao e zucchero. Un'aggiunta ancora clandestina (nocciole e mandorle torrefatte erano considerate sostanze adulteranti) e che iniziò ad essere esplicitamente dichiarata solo all'inizio del Novecento con la divulgazione della ricetta segreta del cioccolato alla nocciola "detto Gianduja".

I cioccolatini prodotti con pasta "Gianduja" - i Giandujotti che ben conosciamo - nacquero ufficialmente nel 1865 nel laboratorio della ditta Prochet Gay e C. in Piazza San Carlo a Torino, conquistando da allora i mercati internazionali e generazioni di golosi.


I giandujotti da noi proposti sono prodotti in maniera artigianale secondo l'antica ricetta, utilizzando soltanto cacao, nocciola igp del Piemonte, zucchero e burro di cacao, senza latte, aromi artificiali e additivi chimici.


Logo Paniere

venerdì 7 ottobre 2011

Brisaola della Valchiavenna



Brìsaola (bresaola Artigianale)
Fra le varie testimonianze che attribuiscono alla Valchiavenna la maternità della bresaola ci sarebbe anche l'etimologia del suo nome che deriverebbe dall'italiano arcaico brasa, cioè brace, in dialetto brisa. In realtà, le bresaole un tempo venivano asciugate al caldo delle braci e quella chiavennasca non solo è l'unica a essere ancora affumicata, ma è anche l'unica a essere chiamata più correttamente brisaola aderendo all'etimologia originale. Naturalmente è solo un'ipotesi.
Secondo altri la bresaola in origine era un salume fatto con carne di cervo, e il nome deriverebbe dall'unione della parola breont che in alcune lingue indoeuropee vuol dire cervo e "sal", sale. Comunque, documenti storici provano l'uso della salagione delle cosce di manzo in Valchiavenna a partire dal 1400.
Nel breve percorso dalla Valchiavenna alla Valtellina, la brisaola non ha cambiato solo il nome ma anche la ricetta, ed è facile intuire che questa mutazione non sia stata determinata dai pochi chilometri di viaggio, quanto dalla trasformazione da prodotto artigianale, quale era e continua a essere in Valchiavenna, al salume industriale che è diventato in Valtellina. Di fatto, l'antica e pregiata brisaola chiavennasca al momento è un dinosauro gastronomico sopravvissuto in pochi esemplari dentro a qualche macelleria di Chiavenna.
Da qualche mese a questa parte abbiamo il piacere di offrirvi nel nostro punto vendita la brisaola di Chiavenna in tutti i suoi tagli:

LA BRISAOLA MAGATELLO
La brisaola magatello si presenta sempre magra, ha una forma cilindrica è il taglio ideale per famiglie.

LA BRISAOLA SOTTOFESA
La brisaola sottofesa si presenta con leggere venature di grasso e per questa sua caratteristica è la brisaola dal gusto più deciso ideale per i buon gustai.

LA BRISAOLA PUNTA D'ANCA
La punta d'anca è la classica brisaola universalmente conosciuta, tenera dal caratteristico colore rosso vivo e privo di venature.

SLINZIGA
Per la slinziga,si usano gli stessi selezionati tagli di carne bovina fresca , ma rispetto alla normale Brisaola,di pezzatura più piccoli e dalle forme irregolari. Il processo di speziatura, salagione e stagionatura, richiede dosi e tempi ridotti.Ideale per degli spuntini tra amici e divertente da affettare con il coltello, la slinzega è da inserire tra i salumi ad alto contenuto artigianale.

martedì 13 settembre 2011

Azienda Agricola Guccione

E' con piacere che vi racconto della mia ultima scoperta in fatto di vini (gentilmente segnalata da Luigi). Sto parlando dell'Azienda Agricola Guccione che avuto la fortuna di visitare e conoscere personalmente durante la mia ultima vacanza in Sicilia. L'Azienda condotta da i fratelli Guccione dista da Palermo 35 km, sita nel comune di Monreale in contrada Cerasa tra San Cipirrello e Piana degli Albanesi; lavora i prori vigneti in biodinamica ed è certificata biologica dal 1996. In cantina si svolgono poche operazioni e tutte volte a salvaguardare la qualità dell'uva e del lavoro in campagna. In tal senso l'azienda adotta un protocollo di qualità tanto in vigna che in cantina.
Azienda Agricola Guccione
I vini da noi proposti:
Gibril: nerello mascalese (bottiglie prodotte 4000)
Arturo di Lanzeria: perricone (bottiglie prodotte 4000)
Veruzza: trebbiano (bottiglie prodotte 6000)
Girgis extra: catarratto extra lucido (bottiglie prodotte 6000)
Prodotti in armonia tra uomo e natura

Tratto da gliamicidelbar

Girgis extra 2008,


IGT Sicilia Bianco.
Catarratto lucido.
Monreale Palermo.
Forse le montagne.
Le notti fredde.
Forse i gesti misurati.
Affusolano.
Questo succo di meloni e pesche.
Con nobili puntate minerali e di distillato.
Testa al nord.
Radici ben piantate nel calcare siciliano.
Etichette con interventi autografi di Francesco Guccione.
La lentezza è aristocratica.
La nobiltà e d’obbligo.
Bonne degustation

Luigi




Noi l’abbiamo bevuto con godimento mangiando un tripudio di “scacce” e “pastizzu”.

mercoledì 22 giugno 2011

Miele delle api nere


Non è vero che tutte le api sono gialle e nere. La livrea che normalmente associamo all’ape è in realtà tipica della ape ligustica, l’ape più diffusa in Italia, tanto da essere definita anche ape italiana. Esistono api scure, grigie o anche nerissime, proprio in Italia, simili morfologicamente alle api nere africane (dalle quali differiscono però per la minore aggressività): le quali nel dna hanno un miotipo genetico africano.

L’ape nera sicula (Apis mellifera sicula) ad esempio, scurissima, con la peluria grigia, quasi nera, che ha popolato per millenni la Sicilia, è stata abbandonata negli anni ‘60/70 quando gli apicoltori siciliani sostituirono i bugni di legno di ferula (tronchi quadrati usati come arnie) e iniziarono a importare api dal nord Italia. L’ape sicula rischiò in quegli anni la totale estinzione, evitata grazie agli studi e alle ricerche di un entomologo siciliano, Pietro Genduso, che la studiò per anni dopo la classificazione avvenuta per la prima volta nel 1911, e che trasmise poi questa vera e propria passione a uno studente, Carlo Amodeo, tuttora unico possessore di api sicule in purezza. Gli ultimi bugni di api nere sicule furono ritrovati in un baglio di Carini dove un vecchio massaro apicoltore ancora produceva miele con quel sistema antico. I bugni contenevano alcune famiglie di api che Carlo Amodeo, dopo aver deciso di praticare l’apicoltura professionale, conservò in isolamento sulle isole di Vulcano, Alicudi e Filicudi dove oggi produce l’unico miele in purezza di ape sicula. Oltre al colore scuro, l’apis mellifera sicula si distingue dalla ligustica anche per le ali più piccole. E' molto docile, tanto che non servono maschere nelle operazioni di smielatura, è molto produttiva - anche a temperature elevate, oltre i 40° quando le altre api si bloccano - e sopporta bene gli sbalzi di temperatura. Caratteristiche molto importanti per la produzioni in aree dal clima molto caldo. Sviluppa precocemente la covata, tra dicembre e gennaio, evita quindi il blocco della covata invernale comune alle altre specie. L’ape nera sicula consuma anche meno miele delle altre api.

Da noi puoi trovare:

Mile di arancio:
Sapore: aromatico gradevolmente acidulo. Proprietà: cicatrizzante per le ulcere, antispasmodico, sedativo. Contro l'insonnia e l'eccitazione nervosa

Il miele di sulla, grazie alla sua particolare composizione di fruttosio di altissima qualità e grandi quantità di oligoelementi (magnesio, rame, zinco, ferro, manganese, zinco) è il miele migliore per lo sport.

Miele di cardo: curativo per gli anemici. E’ un ottimo dolcificante per il latte e la ricotta.

Miele di mandarino di Ciaculli: il suo colore allo stato liquido è quasi incolore, tendente al giallo chiarissimo. Cristallizza molto lentamente mantenendo una cremosità di base. Ottimo per dolci, spalmato sul pane, nel the, in abbinamento a formaggi con gusto deciso.

MIELI RARI

Miele di nespolo: incolore allo stato liquido, tende a cristallizzare in breve tempo essendo un miele invernale. Ha un odore particolare che ricorda il profumo deimedesimi fiori. Diventerà un miele sempre più raro, essendosi ulteriormente ridotte le zone di produzione.

Miele di mandorlo: di difficile produzione, poichè come il nespolo deriva da una pianta a fioritura invernale. Caratteristico il suo retrogusto che ricorda la mandorla amara. Ottimo da consumare con i formaggi.

Miele di carrubo : E' un miele autunnale di colore ambra scuro che cristallizza facilmente. Assume il profumo tipico dei fiori di carrubo; è particolarmente apprezzato per la produzione di dolci tipici.

mercoledì 13 aprile 2011

Prosciutto di Sauris



Il «Prosciutto di Sauris» I.G.P. è ottenuto esclusivamente nel comune di Sauris, nella regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.
Il territorio del Comune di Sauris è posto nella parte occidentale delle Alpi Carniche, a un’altezza superiore ai 900 m. sul livello del mare ed è costituito da una tipica conca circondata da montagne alte oltre i 2.000 m. L’ambiente nel quale viene ottenuto caratterizza fortemente il Prosciutto di Sauris I.G.P.
La parziale disidratazione dei prosciutti durante la stagionatura è determinata dalle brezze che spirano verso monte di giorno e nella direzione contraria durante la notte, influenzate dal bacino artificiale presente nella valle e realizzato nel 1948. Le condizioni igroscopiche create dal microclima tipico della valle di Sauris, favoriscono lo sviluppo sulla superficie del prodotto, di muffe che assicurano il raggiungimento delle caratteristiche organolettiche tipiche del Prosciutto di Sauris I.G.P. quali il sapore e l’odore. La vallata di Sauris è quasi interamente ricoperta da boschi di conifere e di latifoglie; fra queste assume particolare importanza la presenza del faggio fra le specie autoctone, che grazie al basso contenuto di resine e alla larga diffusione è utilizzato da sempre per l’affumicatura.
Ai fattori naturali, si somma l’intervento dell’uomo per la produzione del Prosciutto di Sauris I.G.P., che influenza, in modo determinante, la sua qualità e la sua reputazione. La tecnica di produzione del Prosciutto di Sauris I.G.P., infatti, è legata alla tradizione delle popolazioni germaniche di lavorare e conservare, attraverso l’affumicatura, la carne e le cosce suine. In questa vallata, si insediarono, nel secolo XIII, genti provenienti dalla Carinzia e dal Tirolo che hanno saputo usare e mantenere le usanze, durante i secoli.
Emerge nell’ambito del processo di produzione del Prosciutto di Sauris I.G.P. il metodo dell’affumicatura che veniva e viene tutt’oggi effettuata con le stesse modalità, proprio per assicurare al prodotto le caratteristiche inconfondibili per le quali è conosciuto e apprezzato anche al di fuori dei confini regionali e nazionali.

Nel territorio del comune di Sauris nel corso dei secoli si è sviluppata una tecnica, diventata vera e propria arte, che unisce l’uso prettamente nordico di affumicare le carni al metodo decisamente latino della conservazione delle carni mediante il sale. Tecnica che ha permesso al nome di Sauris di essere conosciuto al di fuori dei confini regionali proprio per il buon prosciutto affumicato che vi si produce.
Caratteristiche

Il Prosciutto di Sauris è un prosciutto crudo salato, affumicato e stagionato per almeno dieci mesi. A fine stagionatura il prosciutto si presenta intero con osso senza lo zampino. La cotenna ha colore uniforme noce-dorato con sfumature arancioni, mentre la parte magra visibile ha colore rosso scuso. La consistenza è soda ed elastica; il grasso è di colore bianco candido o bianco-rosato. Il Prosciutto di Sauris è riconoscibile anche grazie al suo particolare profumo delicato e al gusto dolce con una garbata nota di affumicato.

domenica 20 febbraio 2011

Ostriche e Champagne


Come molti di voi sapranno, da qualche mese a questa parte è possibile acquistare su prenotazione, le ostriche di Belon, prodotte dalla famiglia Thaeron, nell'allevamento di Riec sur Belon, e Marennes Oléron, le quali rientrano nel novero della produzione d'eccellenza di ostriche francesi.

In abbinamento...e non solo...abbiamo selezionato alcuni piccoli produttori di champagne, che troverete subito disponibili.

La nostra selezione:


MARIE NOELLE LEDRU
Montagne de Reims
Ambonnay
5 ha Pinot Noir
1 ha Chardonnay
Bottiglie prodotte annualmente: 25.000

E' una viticultrice appassionata,rigorosa ed esperta che vinifica artigianalmente champagnes a base Pinot Noir di struttura decisa destinati a lunghe evoluzioni.Compatibilmente con l annata riesce a preservare guella freschezza che dona scorrevolezza all imponenza del vitigno tipica delle sue terre.In gualche modo riesce a conferire un tocco femminile senza voler essere accativante avini di corpo,acidita e mineralita molto marcata,che in virtu del loro carattere risultano adatti sopratutto a pasto.In una parola lo stile Ledru è improntato sulla vinosita.Non si fa uso di botti di legno.

Champagne G.C Brut s.a 85% Pinot Noir 15% Chardonnay:

Sempre poco dosato,il brut rappresenta il primo step per entrare in contatto con il mondo Ledru.


JACKY CHARPENTIER
Vallée de la Marne
Villers sous Chatillon
16 ha 75% Pinot Meunier 25% Pinot Noir 1 ha Chardonnay
Bottiglie prodotte annualmente: 170.000

Sull'agguerritissimo fronte della Marna, Jacky Charpentier è da tempo riconosciuto quale alfiere del Pinot Meunier,vitigno che caratterizza tutte le sue cuvèe oltre che vantare i migliori risultati sulla riva destra della zona di appartenenza. Negli anni 50 decise di intraprendere la carriera di solista, dopo che per decenni la famiglia conferiva il raccolto alle grandi maisons. Lo stile non eccelle per rafinatezza, ma la scrupolosita che viene dedicata alla vigna e alle vinificazioni, determina una regolarita assoluta di tutta la vasta gamma dei prodotti. I dosaggi zuccherini post sboccatura sono guasi sempre minimali: ciò contribuisce alla miglior difinizione dei vini.

Champagne Rèserve Brut s.a.

80%Pinot Meunier 20%Pinot Noir

È il biglietto da visita della cantina che grazie alla sua semplicità trova sempre una rapida collocazione.


BONNET-GILMERT
Cote des Blancs
Oger
4 ha Chardonnay
Bottiglie prodotte annualmente.30.000

A Oger c'è piu vigna che paese e propio al limitare di quest'ultimo si trova la piccola azienda abitazione Bonnet Gilmert. Il giovane Denis Bonnet ha le idee chiare: conosce profondamente il territorio e non cerca scorciatoie. La vicinanza del guru Anselme Selosse ha certamente influenzato le sue scelte indirizzandole verso la naturalità, anche se la mano in cantina è di gran lunga piu moderata.


Champagne Blanc de Blancs Cuvèe Reserve Brut

100% Chardonnay

Nell'apparente semplicita del profumo di mela e lievito é racchiuso il segreto del successo di questo Chardonnay. Successo travolgente.


SADI MALOT
Montagne de Reims
Villers Marmery
8,2 ha Chardonnay
1,8 ha Pinot Noir
Bottiglie prodotte annualmente 90.000

Nei comuni di Villers Marmery e trèpail il dominio del Pinot Noir della Montagne lascia il posto allo Chardonnay che qui presenta maggiore immediatezza rispetto alla Còte de Blancs.La gamma del produttore è ben diversificata ma sia che si tratti dei vini più semplici che dei millesimati. Lo stile è sempre concreto e di sostanza.Lo spirito artigiano dei coniugi Malot non incide minimamente sulla continuita qualitativa,tra le più affidabili dell assortimento.


Champagne Carte Blanche Brut s.a
60% Chardonnay 40%Pinot Noir

La composizione è classica per una bevuta diretta, senza fronzoli. Può mediare i salatini dell aperitivo o un tutto pasto in legerezza.

giovedì 20 gennaio 2011

Cevrin di Coazze





Formaggio prodotto da secoli in una piccola borgata montana di Coazze, in Val Sangone, nacque dall'esigenza di utilizzare il latte misto, vaccino e caprino (almeno il 40%), munto nei pascoli dalla primavera all'autunno.
Il latte veniva riscaldato alla temperatura di almeno 40 gradi, e cagliato. Posto a spurgare in fuscelle d'acero o di frassino e salato a secco con sale marino, stagionava almeno due mesi in grotte o cantine aerate e fresche.


Le piccole forme del Cevrin (il diametro non supera i 18 centimetri e il peso varia dagli 800 ai 1400 grammi) venivano settimanalmente trasportate a dorso di mulo nelle gerle per essere vendute al mercato di Giaveno: il loro consumo e la loro diffusione rimase sempre prettamente locale.
È una fortuna che la pasta morbida e cremosa, il sapore speziato e di nocciola non siano stati dimenticati - furono fors'anche apprezzati da un villeggiante illustre di Coazze, proveniente da lontano, Luigi Pirandello - e che il Cevrin, ora come allora, sia prodotto secondo tradizione nei Comuni di Coazze e Giaveno, in Val Sangone.
Il prodotto è oggi gestito da un Consorzio di produttori che ha adottato un disciplinare di produzione e ha registrato il marchio.
Il Cevrin di Coazze è stato adottato da Slow Food come uno dei Presidi della provincia di Torino.

mercoledì 12 gennaio 2011

maquè

Tratto dal blog: http://www.gliamicidelbar.blogspot.com

portadelventomaquèperricone2009camporealesicilia
Porta del vento Maquè perricone 2009



Antefatto:
mercoledì 22 dicembre c.a.
durante le mie innumeri peregrinazioni dall’ufficio al bar, spunta dalla porta del negozio Sapori d’Italia Rosario Levatino, trafelato e leggermente su di giri che mi dice: “ passa che ti devo parlare”.
“Minchia! eppure i debiti li ho saldati” ho pensato andando non ricordo più dove e a fare cosa.
Col capo chino sono ritornato dopo poco, apro la porta e Rosario ancora più confuso mi dice “te che sei somegliè”.
Pausa.
“Saggiami sto’ vino che una mia cliente mi ha riportato indietro dicendo che è imbevibile”.

Smetto di sudare e inconsciamente mi tocco il portafoglio, l’ho scampata.
Però la pressione di dover sgamare un difetto nel vino oltretutto acquistato da una che ha fatto un paio di corsi di somegliè mi fa riniziare a sudare, sbuffare e scarrocciare come vecchio gozzo investito dal maestrale.
Il produttore poi mi aveva lasciato perplesso precedentemente e ne avevo parlato così.
Mi avvicino in stato confusionale al retro bottega dove campeggia pressochè piena la bottiglia di Maquè un Perricone 2009 di Porta del Vento di Camporeale (PA).
La signora ha sì e no avvinato un bicchiere e ha subitaneamente deciso che fosse imbevibile, senza dargli il tempo di ossigenarsi, sgranchirsi all’aria umida del nord.
Voilà ritappato in men che non si dica senza appello.
Rosario le ha cambiato subito la bottiglia con un’altra ma quella incriminata è ritornata in bottega solo dopo due settimane.
Saputa la storia comincio a schernirmi dicendo che magari si è ossidata, è cambiata, si è stressata e altre balle del genere.
Lui ormai più alterato di me versa in due calici, io sotto pressione come ad un esame roteo, osservo, annuso il liquido, riannuso e assaggio.
Minchia è buonissimo, altrochè imbevibile!
Riannuso, riassaggio sempre meglio.
Insomma ce ne beviamo con gusto e godimento due bicchieri, per pudore non accetto il terzo e barcollante riguadagno casa.
A parziale discolpa dell’incauta acquirente i vini di Porta del Vento fermentati con lieviti spontanei senza controllo delle temperature e poca solforosa potrebbero avere note di riduzione un po’ sopra la media.
Bastava aspettare, noi dopo quindici o più giorni abbiamo bevuto un vino fresco e gioioso, frutttato con mineralità che premeva da ogni dove, buonissimo.
Il 23 passo da Rosario per fotografare la bottiglia ma era rimasto ancora un po’ di vino, beh l’abbiamo finito (è stato un lavoro sporco ma qualcuno lo doveva fare).
Minchia! Meglio del giorno prima, ora in bocca sembrava di spremere fragoline di bosco.
Ho raccattato la mia spesa e sono tornato a casa ancora più convinto che ne avrei scritto e che ne vorrei una cassa da sei in cantina e che il prossimo anno, se torno in Sicilia, Porta del Vento sarà un mio obiettivo.
Maquè 2009 perricone in purezza di Porta del Vento, Camporeale (PA).
Colore brillante che invoglia, rubino intenso ma non inpenetrabile.
Naso fruttato di ciliegia, prugne, frutta mai toni surmaturi e un chè di viola liquiriziata, spezie e poi mineralità prorompente con toni ferrosi ed ematici che evolvono e si sorpassano con la frutta e i fiori.
Fresco dannatamente fresco per un siculo, acidità presente che allegerisce la glicerina e l’alcool e ne rende calda, armoniosa la beva.
Terroso ricorda gli strati di terra rosso sangue della trinacria.
Ottimo, il problema è smettere.
Grazie incauta acquirente per avermi permesso un tale godimento.
Aridità dalla cantina :
Il perricone è vitigno a bacca nera, autoctono siciliano che alla Porta del Vento stanno recuparando per la sua capacità di preservare l’acidità e la freschezza a fronte delle temperature e irraggiamento a cui è sottoposto, questo è per mè il valore vero degli autoctoni quello di fotografare l’ambiente ottenendo qualità senza forzare la pianta o senza espedienti agronomici.
Fermentazione, con lieviti di cantina, spontanea in piccoli tini di rovere con follature manuali.
Affinamento in botti di rovere francese da 2.500 litri.



A Torino da Sapori d’Italia a 13,00 euro circa.

luigi



Pubblicato da Luigi Fracchia a 05:51 2 commenti

domenica 9 gennaio 2011

Violino di capra della Valchiavenna

Si ricomincia: augurando buon anno a tutti, voglio presentarvi un prodotto molto particolare, il VIOLINO DI CAPRA della Valchiavenna.
Si tratta di un prosciutto molto raro ed è per questo che riesco a proporlo soltanto in alcune occasioni. Da domani e fino ad esaurimento potrete trovarlo nel nostro punto vendita.


Si tratta di un salume singolare che viene prodotto con la coscia e la spalla di capra. Deve il suo nome alla forma della parte dell'animale che, con la zampa a fungere da manico, richiama la cassa dello strumento musicale. Anche il metodo adottato dai produttori esperti nell'affettare i riccioli di carne con il lungo coltello, tenendo appoggiato lo "Stradivari" alla spalla, assomiglia molto al movimento che compiono i violinisti durante l'esecuzione di un brano. Il Violino della Valchiavenna è tipico di questa zona, dove la tradizione della lavorazione e della salagione delle carni ha radici lontanissime. Oggi si contano sulle dita di una mano gli artigiani che lavorano questo "Stradivari" secondo le regole tradizionali. L'usanza vuole che, una volta cominciato il taglio, solenne come un rito, il violino vada finito. Le occasioni ideali per consumare questa prelibatezza - meglio se accompagnata con del pane di segale e del buon vino della Valtellina - sono le cene di Natale e di Capodanno, ma negli ultimi anni - grazie anche alla campagna di valorizzazione che l'associazione gastronomica Slow Food ha realizzato, inserendo il Violino di Capra nel progetto dei Presìdi - questo prodotto è apprezzato in ogni occasione.