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giovedì 20 gennaio 2011

Cevrin di Coazze





Formaggio prodotto da secoli in una piccola borgata montana di Coazze, in Val Sangone, nacque dall'esigenza di utilizzare il latte misto, vaccino e caprino (almeno il 40%), munto nei pascoli dalla primavera all'autunno.
Il latte veniva riscaldato alla temperatura di almeno 40 gradi, e cagliato. Posto a spurgare in fuscelle d'acero o di frassino e salato a secco con sale marino, stagionava almeno due mesi in grotte o cantine aerate e fresche.


Le piccole forme del Cevrin (il diametro non supera i 18 centimetri e il peso varia dagli 800 ai 1400 grammi) venivano settimanalmente trasportate a dorso di mulo nelle gerle per essere vendute al mercato di Giaveno: il loro consumo e la loro diffusione rimase sempre prettamente locale.
È una fortuna che la pasta morbida e cremosa, il sapore speziato e di nocciola non siano stati dimenticati - furono fors'anche apprezzati da un villeggiante illustre di Coazze, proveniente da lontano, Luigi Pirandello - e che il Cevrin, ora come allora, sia prodotto secondo tradizione nei Comuni di Coazze e Giaveno, in Val Sangone.
Il prodotto è oggi gestito da un Consorzio di produttori che ha adottato un disciplinare di produzione e ha registrato il marchio.
Il Cevrin di Coazze è stato adottato da Slow Food come uno dei Presidi della provincia di Torino.

mercoledì 12 gennaio 2011

maquè

Tratto dal blog: http://www.gliamicidelbar.blogspot.com

portadelventomaquèperricone2009camporealesicilia
Porta del vento Maquè perricone 2009



Antefatto:
mercoledì 22 dicembre c.a.
durante le mie innumeri peregrinazioni dall’ufficio al bar, spunta dalla porta del negozio Sapori d’Italia Rosario Levatino, trafelato e leggermente su di giri che mi dice: “ passa che ti devo parlare”.
“Minchia! eppure i debiti li ho saldati” ho pensato andando non ricordo più dove e a fare cosa.
Col capo chino sono ritornato dopo poco, apro la porta e Rosario ancora più confuso mi dice “te che sei somegliè”.
Pausa.
“Saggiami sto’ vino che una mia cliente mi ha riportato indietro dicendo che è imbevibile”.

Smetto di sudare e inconsciamente mi tocco il portafoglio, l’ho scampata.
Però la pressione di dover sgamare un difetto nel vino oltretutto acquistato da una che ha fatto un paio di corsi di somegliè mi fa riniziare a sudare, sbuffare e scarrocciare come vecchio gozzo investito dal maestrale.
Il produttore poi mi aveva lasciato perplesso precedentemente e ne avevo parlato così.
Mi avvicino in stato confusionale al retro bottega dove campeggia pressochè piena la bottiglia di Maquè un Perricone 2009 di Porta del Vento di Camporeale (PA).
La signora ha sì e no avvinato un bicchiere e ha subitaneamente deciso che fosse imbevibile, senza dargli il tempo di ossigenarsi, sgranchirsi all’aria umida del nord.
Voilà ritappato in men che non si dica senza appello.
Rosario le ha cambiato subito la bottiglia con un’altra ma quella incriminata è ritornata in bottega solo dopo due settimane.
Saputa la storia comincio a schernirmi dicendo che magari si è ossidata, è cambiata, si è stressata e altre balle del genere.
Lui ormai più alterato di me versa in due calici, io sotto pressione come ad un esame roteo, osservo, annuso il liquido, riannuso e assaggio.
Minchia è buonissimo, altrochè imbevibile!
Riannuso, riassaggio sempre meglio.
Insomma ce ne beviamo con gusto e godimento due bicchieri, per pudore non accetto il terzo e barcollante riguadagno casa.
A parziale discolpa dell’incauta acquirente i vini di Porta del Vento fermentati con lieviti spontanei senza controllo delle temperature e poca solforosa potrebbero avere note di riduzione un po’ sopra la media.
Bastava aspettare, noi dopo quindici o più giorni abbiamo bevuto un vino fresco e gioioso, frutttato con mineralità che premeva da ogni dove, buonissimo.
Il 23 passo da Rosario per fotografare la bottiglia ma era rimasto ancora un po’ di vino, beh l’abbiamo finito (è stato un lavoro sporco ma qualcuno lo doveva fare).
Minchia! Meglio del giorno prima, ora in bocca sembrava di spremere fragoline di bosco.
Ho raccattato la mia spesa e sono tornato a casa ancora più convinto che ne avrei scritto e che ne vorrei una cassa da sei in cantina e che il prossimo anno, se torno in Sicilia, Porta del Vento sarà un mio obiettivo.
Maquè 2009 perricone in purezza di Porta del Vento, Camporeale (PA).
Colore brillante che invoglia, rubino intenso ma non inpenetrabile.
Naso fruttato di ciliegia, prugne, frutta mai toni surmaturi e un chè di viola liquiriziata, spezie e poi mineralità prorompente con toni ferrosi ed ematici che evolvono e si sorpassano con la frutta e i fiori.
Fresco dannatamente fresco per un siculo, acidità presente che allegerisce la glicerina e l’alcool e ne rende calda, armoniosa la beva.
Terroso ricorda gli strati di terra rosso sangue della trinacria.
Ottimo, il problema è smettere.
Grazie incauta acquirente per avermi permesso un tale godimento.
Aridità dalla cantina :
Il perricone è vitigno a bacca nera, autoctono siciliano che alla Porta del Vento stanno recuparando per la sua capacità di preservare l’acidità e la freschezza a fronte delle temperature e irraggiamento a cui è sottoposto, questo è per mè il valore vero degli autoctoni quello di fotografare l’ambiente ottenendo qualità senza forzare la pianta o senza espedienti agronomici.
Fermentazione, con lieviti di cantina, spontanea in piccoli tini di rovere con follature manuali.
Affinamento in botti di rovere francese da 2.500 litri.



A Torino da Sapori d’Italia a 13,00 euro circa.

luigi



Pubblicato da Luigi Fracchia a 05:51 2 commenti

domenica 9 gennaio 2011

Violino di capra della Valchiavenna

Si ricomincia: augurando buon anno a tutti, voglio presentarvi un prodotto molto particolare, il VIOLINO DI CAPRA della Valchiavenna.
Si tratta di un prosciutto molto raro ed è per questo che riesco a proporlo soltanto in alcune occasioni. Da domani e fino ad esaurimento potrete trovarlo nel nostro punto vendita.


Si tratta di un salume singolare che viene prodotto con la coscia e la spalla di capra. Deve il suo nome alla forma della parte dell'animale che, con la zampa a fungere da manico, richiama la cassa dello strumento musicale. Anche il metodo adottato dai produttori esperti nell'affettare i riccioli di carne con il lungo coltello, tenendo appoggiato lo "Stradivari" alla spalla, assomiglia molto al movimento che compiono i violinisti durante l'esecuzione di un brano. Il Violino della Valchiavenna è tipico di questa zona, dove la tradizione della lavorazione e della salagione delle carni ha radici lontanissime. Oggi si contano sulle dita di una mano gli artigiani che lavorano questo "Stradivari" secondo le regole tradizionali. L'usanza vuole che, una volta cominciato il taglio, solenne come un rito, il violino vada finito. Le occasioni ideali per consumare questa prelibatezza - meglio se accompagnata con del pane di segale e del buon vino della Valtellina - sono le cene di Natale e di Capodanno, ma negli ultimi anni - grazie anche alla campagna di valorizzazione che l'associazione gastronomica Slow Food ha realizzato, inserendo il Violino di Capra nel progetto dei Presìdi - questo prodotto è apprezzato in ogni occasione.